Domani presso piazza Fra Ristoro a Campi Bisenzio dalle 17:00 alle 21:00 sarà possibile firmare per il preogetto di legge di iniziativa popolare per i beni comuni.
“I beni comuni sono quei beni che per la loro natura ecologica culturale o sociale appartengono a tutti, nel senso che nessuno può appropriarsene in quanto singolo individuo o in quanto soggetto sociale o economico. Sono quei beni che se sfruttati e degradati causano ripercussioni negative su tutti i cittadini, presenti e futuri.
I beni comuni non sono possedibili, che questo sia per la loro natura fisica, come l’acqua, l’aria o gli ecosistemi, o perché rappresentano parti di un patrimonio pubblico comune, come le grandi opere architettoniche e artistiche. Vendere, sfruttare o inquinare questi beni genera un vantaggio per i pochi proprietari benefattori dell’attività, ma nega a tutti gli altri la possibilità di goderne, ora ed in futuro. Per questo motivo i beni comuni vanno salvaguardati e difesi facendoli divenire un realtà giuridica del codice civile italiano.
C’è tanto da perdere e c’è tanto da fare perché non succeda, ma tutto può partire da due semplici firme. “
Comitato Rodotà per la tutela dei Beni Comuni
Quello che è successo intorno al Maggio Musicale Fiorentino negli scorsi giorni riempie di sconforto se si pensa che possa rispecchiare le logiche con cui il nostro Sindaco intende operare per amministrare la città e le sue Istituzioni culturali.
Abbiamo assistito a una scampata manovra (per adesso solo rimandata) così clamorosamente sbagliata da provocare prima le dimissioni del Sovrintendente Cristiano Chiarot e a catena quelle del direttore d’orchestra principale Fabio Luisi. Quest’ultimo ha pubblicato una lettera indirizzata a Nardella e ai dipendenti del Teatro che non lascia dubbi sulla natura politica della vicenda.
In una delicata fase di passaggio come quella della fine del mandato del Sovrintendente, il sindaco Nardella, presidente del Consiglio di indirizzo della Fondazione, ha comunicato la sua intenzione di volersi dimettere dal proprio ruolo per lasciare la poltrona a Salvatore Nastasi provocando la catena di reazion che hanno riportato il Maggio alle cronache dei giornali in questi giorni.
Questa manovra è risultata totalmente inopportuna rispetto allo sforzo compiuto da Chiarot in questi due anni per risollevare le sorti della Fondazione. A partire dal 2017 Chiarot aveva iniziato un’opera di risanamento del Maggio riuscendo progressivamente a far ricapitalizzare la Fondazione con 5 milioni di contributi da parte di Comune e Regione e chiudendo positivamente il bilancio di quest’anno. Bilancio che sconta di un pesante debito, circa 57 milioni ereditato dalle precedenti gestioni, e che il Sovrintendente uscente aveva iniziato a ridurre. Era in corso anche un tentativo di stabilizzazione dei precari, altra operazione che resterà sospesa e che il Sovrintendente avrebbe voluto proseguire e portare a termine.
Nella tragica situazione in cui versano gli Enti Lirici Italiani, tutti a rischio di estinzione per mancanza di finanziamenti e quasi tutti in passivo (solo tre su 14 possono vantare un attivo di bilancio), invece di pensare a salvaguardare le sorti del Maggio, esempio di eccellenza e avanguardia dalla sua nascita, in grado di competere sul piano internazionale e di portare alto il nome della sua città, Nardella sembra voler privilegiare la necessità di dare spazio a chi ha contribuito alla sua affermazione politica. Salvatore Nastasi Ex capo di gabinetto del ministero dei Beni culturali per i ministri Sandro Bondi e Giancarlo Galan, è famoso per la sua carriera di dirigente nel settore teatrale a partire dal 2001, ma la sua fama è legata più agli insuccessi che ai successi. Al Maggio ha già ricoperto due ruoli: nel 2005 è stato commissario straordinario della Fondazione e nel 2006 consigliere d di amministrazione ma evidentemente non aveva lasciato un buon ricordo.
Come Verdi fiorentini ci indigniamo profondamente di fronte a questa scelta dell’amministrazione fiorentina. La dignità e il benessere delle istituzioni cittadine (siano esse culturali, sportive o di ogni altro genere) non può essere posposta a logiche di scambio politico.
foto di copertina: Stefano Cannas
L’idea di questa intervista ci è venuta mentre programmavamo i nostri prossimo viaggi di lavoro, in particolare un viaggio molto lungo, in Cile. Malgrado la scusa dei “viaggi di lavoro”, rimane il fatto che l’impatto di un volo è elevato, in particolare quello di un volo intercontinentale. Abbiamo chiesto a Francesco Capezzuoli di Italian Climate Network alcuni chiarimenti.
Paolo & Samuele: La prima domanda è: quanto inquino andando in aereo dall’Italia a Santiago del Cile?
Francesco Capezzuoli: Per calcolare le emissioni dei propri viaggi in aereo, esistono molti strumenti online direttamente fruibili dagli utenti che adottano metodologie di calcolo differenti. Personalmente utilizzo quello della ICAO (International Civil Aviation Organisation), un’agenzia ONU con sede a Montréal (Canada).
Ad esempio, se volassi da Roma per partecipare alla prossima COP25, che si terrà a Santiago del Cile il prossimo dicembre, emetterei 1.254,4 kg di CO2 (contando andata e ritorno). Una quantità emessa normalmente in due mesi da un cittadino italiano medio (considerate che se tutti emettessero tanta CO2 quanto un italiano medio avremmo bisogno di 3 pianeti per essere sostenibili!).
P&S: In rete si leggono statistiche riguardo al contributo dei viaggi aerei alle emissioni totali di CO2, sembra essere poca cosa, fra il 2 e il 3% del totale, perché è importante minimizzare l’uso dell’aereo?
FC: Sì, è vero. Ad esempio, le emissioni dirette dovute all’aviazione ammontano al 3% delle emissioni climalteranti europee. Tuttavia, le emissioni dovute all’aviazione civile cresceranno molto più rapidamente rispetto ad altre fonti. Al 2020, le emissioni globali relative all’aviazione aumenteranno del 70% rispetto ai livelli del 2005 e la stessa ICAO prevede che al 2040 triplicheranno almeno.
Altro punto: le emissioni rilasciate ad alta quota contribuiscono in maggior misura a quelle rilasciate “a terra”. Stando al meteorologo Luca Mercalli, questo impatto è misurabile al 5% del contributo al riscaldamento globale.
Infine c’è un dato secondo me molto significativo, circa l’85% della popolazione mondiale non ha mai viaggiato in aereo. Questo sembra essere un esempio perfetto di come il 15% più ricco della popolazione impatti sul mondo in maniera molto più che proporzionale rispetto alla sua numerosità.
P&S: Visto che in tanti andranno in vacanza nelle prossime settimane, puoi dirci qual è il modo meno impattante di spostarsi?
FC: Come abbiamo visto, i passeggeri e i voli dell’aviazione civile cresceranno ogni anno sempre più, occorre perciò fermarci un attimo e riflettere. È proprio indispensabile imbarcarsi su un aereo per godersi le vacanze? Esistono alternative molto meno inquinanti che permettono di raggiungere luoghi bellissimi, spesso vicino a noi ma completamente ignorati.
Questo grafico della EEA mostra l’impatto in termini di CO2 di un km percorso da un passeggero con vari mezzi di trasporto, e l’aereo risulta essere il mezzo di gran lunga più inquinante anche in termini climalteranti rispetto agli altri: il settore emette da 14 a 40 volte più CO2 rispetto ai treni, per chilometro percorso!
Purtroppo il mercato ci tenta continuamente con un’offerta di voli low cost continentali ed extracontinentali che permettono di visitare luoghi sì meravigliosi ma che in futuro non saranno più come li conosciamo (uno su tutti: la barriera corallina). È paradossale che esista già una “corsa” per visitare bellezze destinate a scomparire nei prossimi decenni, e che questa corsa sia parte del problema.
P&S: Spesso si legge della possibilità di compensare le emissioni degli spostamenti in aereo. Di cosa si tratta?
FC: Il meccanismo funziona così:
1 – calcolo le emissioni (in t o kg di CO2) dovute ai miei viaggi;
2 – acquisto di tasca mia qualcosa che permette di assorbire o di evitare l’emissione di una quantità di CO2 almeno pari a quella che ho emesso.
Che siano crediti di carbonio certificati o piantumazioni di nuovi alberi il risultato dovrà essere la compensazione delle emissioni.
P&S: Una delle critiche che viene fatta a chi vola pagando una compensazione per la CO2 emessa è che questo meccanismo sia un po’ come la compravendita delle indulgenze nel XVI secolo. I ricchi fanno scelte sbagliate e poi, pagando, si lavano la coscienza. In questo modo i comportamenti impattanti sono incentivati e non ridotti. Sei d’accordo?
FC: La compensazione non è di certo la soluzione, viviamo in un mondo finito e ad un certo punto lo spazio per compensare finirà. Senz’altro aiuta a guadagnare tempo ed a gestire le emissioni di viaggi difficili da evitare, come quelli di lavoro.
La compensazione viene usata da tantissimi operatori economici in tutto il mondo, anche multinazionali, e sono nate attività che fanno impresa con le attività di compensazione e dei crediti di carbonio (come le fiorentine Treedom e Carbon Sink).
P&S: Personalmente, sapendo come vengono usati molti dei soldi donati per progetti di sviluppo, rimane il dubbio che questa cifra non serva realmente a compensare le emissioni. Come posso essere sicuro dell’utilizzo dei soldi che verso?
FC: È un dubbio legittimo. Il consiglio è di rivolgersi a operatori che garantiscono autorevolezza e soprattutto tracciabilità delle azioni a cui il compensatore, ovvero il pagante, contribuisce. Ecco tre consigli:
P&S: Il sito www.co2.myclimate.org mi dice che se volo da Firenze a Parigi emetto 460 kg di CO2 e che posso compensare versando 10€. Questo numero mi stupisce, mi sembra molto basso, se davvero è così economico compensare le nostre emissioni di CO2 perché le emissioni continuano ad aumentare?
FC: Il motivo per cui il costo della compensazione è così basso è che ad oggi in pochi si pogono il problema di compensare. Questo fa si che esistano molti modi di farlo a basso costo. Piantare degli alberi in zone meno ricche del mondo, per esempio. Ma se tutti compensassimo per tutta la CO2 che emettiamo allora non sarebbe facile trovare un modo economico per compensare. I costi aumenterebbero molto.
Al contempo la popolazione e il PIL, in gran parte dei paesi in via di sviluppo in Africa e in Asia, sono destinati ad aumentare nei prossimi decenni con tutto ciò che questo comporta: più viaggi, più aerei per trasportare passeggeri e quindi più emissioni. Al tempo stesso bisogna riflettere sul fatto che il carburante degli aerei non rientra nell’Accordo di Parigi sul clima e, per giunta, grazie a un accordo del 1944 (Convenzione di Chicago) non è tassabile, e anzi il trasporto aereo beneficia di importanti incentivi che rendono l’uso di tale mezzo particolarmente conveniente. Un volo low cost costa mediamente 3 – 4 centesimi di euro al km, contro i 10 di un treno ad alta velocità e i 25 di un’automobile.
In uno studio condotto dal governo olandese, si afferma che una misura fiscale atta a tassare il kerosene degli aeromobili (ca 0,33 €/litro di carburante) ridurrebbe del 10-11% le emissioni di CO2 dell’aviazione senza impattare negativamente sul mercato del lavoro del settore.
P&S: Grazie e buone vacanze!