By: Redazione
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Vi proponiamo alcuni spunti dal rapporto Nevediversa 2019 di Legambiente che discute la sostenibilità degli sport invernali in Italia e parla anche del progetto di nuovo impianto sull’Appennino Tosco-Emiliano alla Doganaccia.
In un pianeta in balia dei cambiamenti climatici e dal conto alla rovescia per la propria sopravvivenza, anche l’abitudine alla montagna innevata deve fermarsi a riflettere per capire come adeguarsi e ripensarsi.
E’ necessario iniziare da adesso a progettare un futuro per le nostre montagne. In pochi sanno infatti che il cambiamento climatico risulta più rapido nelle zone montuose rispetto a quelle pianeggianti: ogni grado centigrado in più registrato nelle terre emerse corrisponde a un +2° sulle Alpi.
Secondo i ricercatori dell’Institute for Snow and Avalanche Research (SLF) e del CRYOS Laboratory dell’École Polytechnique Fédérale se i paesi non riusciranno a ridurre le emissioni, alla fine del secolo la neve sotto i 1000 metri sarà una rarità, inoltre la stagione per gli sport invernali si accorcerà di 15-30 giorni. Le stazioni sciistiche al di sotto dei 1.500 metri sono inesorabilmente condannate alla chiusura, e nei prossimi anni è difficile immaginare un futuro addirittura per quelle poste al di sotto dei 1.800 metri.
La prima risposta che verrebbe in mente è che basti pescare la soluzione tecnologica più appropriata per cercare di continuare a ignorare il rapido cambiamento climatico, ad esempio puntando tutto sui cannoni sparaneve e tentare di resistere, ma non sarebbe una scelta lungimirante: con la tecnologia convenzionale da un metro cubo d’acqua si producono circa due metri cubi di neve artificiale, a patto che la temperatura sia tra i -2 e i -12 gradi e con un tasso di umidità intorno al 20%. In tal caso è garantito l’innevamento artificiale che ha un costo indicativo per km di pista fino a 45.000 euro a stagione.
Alcune innovazioni tecnologiche rendono possibile produrre neve tra 0 e i +15 gradi. Una tecnologia che potrebbe avere applicazioni anche al di fuori delle piste da sci – per mantenere la catena del freddo nel settore alimentare, per esempio. La differenza di questa tecnologia rispetto ai cannoni è sostanziale, perché la neve è prodotta sottovuoto all’interno di una macchina e l’energia termica per la trasformazione può essere ricavata da fonti rinnovabili. E’ bastato questo per parlare di neve “green” e di sostenibilità ambientale. Si tratta di un’interpretazione distorta perché, ovviamente, non c’è nessuna invenzione tecnologica che permetta di conservare la neve artificiale a temperature sopra lo zero, e con il loro innalzamento un innevamento programmato sarebbe giustificabile solo oltre i 1800-2000 metri.
Alla luce di questi scenari è necessario influenzare le scelte programmatiche pensate per le montagne nei prossimi anni e condizionare i nuovi progetti perché recepiscano quanto sta succedendo a livello climatico. Sull’arco alpino i progetti di nuovi impianti sciistici più impattanti sull’ambiente e anacronistici, secondo il Dossier di Legambiente, sono il Collegamento Cime Bianche (Progetto di ampliamento dell’area sciistica nell’Alpe Devero), il Progetto Ortler Ronda (carosello nell’area sciistica di Solda nel Parco dello Stelvio) e il Collegamento Padola (Sesto Pusteria).
Sul fronte appenninico in Toscana è invece previsto il progetto di collegare le stazioni sciistiche del Corno alle Scale con gli impianti della Doganaccia, prossimo alla realizzazione. Il finanziamento europeo di venti milioni è transitato dalla presidenza del Consiglio. A questi la Regione Emilia Romagna ha aggiunto l’intenzione di stanziare per quest’anno 11,7 milioni, mentre la Toscana si appresta a stanziarne 8. Il tutto per unire il Corno e la citata Doganaccia con una funivia che dal versante toscano condurrebbe direttamente al lago Scaffaiolo (costo 7 milioni). Su quello emiliano, una seggiovia partirebbe dall’attuale rifugio della Tavola del Cardinale raggiungendo il lago. Il protocollo è stato siglato nel 2016 dalle Regioni Emilia-Romagna e Toscana con la presidenza del Consiglio dei ministri.
Pochi mesi prima l’Arpa dell’Emilia Romagna aveva certificato che nei tre Comuni emiliani coinvolti le temperature medie si sono innalzate di oltre 1 grado, Legambiente Emilia-Romagna ha definito il progetto “accanimento terapeutico”, il rilancio del circo bianco appenninico certificato da questo progetto non è frutto di analisi economiche e ambientali, ma figlio di una visione cieca e a breve termine.
Da un punto di vista ambientale è prioritario contestualizzare le aree interessate dal progetto dell’impianto che ricadrebbe in gran parte nel SIC/ZPS (Sito di Importanza Comunitaria e Zona di Protezione Speciale) Monte Cimone, Libro Aperto, Lago di Pratignano: al suo interno è vietata la realizzazione di nuovi impianti di risalita a fune e di nuove piste da sci, ad eccezione di quelli previsti negli strumenti di pianificazione territoriale vigenti alla data di approvazione delle presenti misure per quanto concerne i SIC ed alla data del 7 novembre 2006 – DGR n. 1435/06 – per quanto riguarda le ZPS ed i SIC-ZPS, ed a condizione che sia conseguita la positiva valutazione di incidenza dei singoli progetti ovvero degli strumenti di pianificazione, generali e di settore, territoriale ed urbanistica di riferimento dell’intervento.
E allora quale futuro per questa parte dell’appennino una volta abbandonato il progetto di rilancio del turismo sciistico?
La locale sezione del Club Alpino Italiano ha evidenziato come l’82% delle presenze turistiche sull’Appennino riguardino il “turismo verde”, quello estivo. C’è un turismo di altro tipo – spiega anche Legambiente – quello verde, del trekking, frequentato da camminatori in ogni stagione, in inverno con le racchette da neve e da scialpinisti, e che chiede paesaggi curati e bellezza non deturpata da nuovi impianti di risalita, borghi preziosi, offerta di servizi turistici a misura d’uomo.
È prioritario valorizzare l’Appennino toscano con un tipo di turismo sostenibile connesso alla natura la cui rarità è sempre di più stimolo alla sua preziosa condivisione e integrità, mantenendo i percorsi storico-culturali e agroalimentari.
La campagna pubblicitaria lanciata a fine 2018 dalla Regione Piemonte: All you need is snow, “tutto ciò che serve è la neve” è simbolo di ciò che è stato sfruttato ma che da adesso deve cambiare, soprattutto sulle aree appenniniche a vocazione verde.
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Tutte le foto sono gentile concessione di Enrico Buonincontro