Domani presso piazza Fra Ristoro a Campi Bisenzio dalle 17:00 alle 21:00 sarà possibile firmare per il preogetto di legge di iniziativa popolare per i beni comuni.
“I beni comuni sono quei beni che per la loro natura ecologica culturale o sociale appartengono a tutti, nel senso che nessuno può appropriarsene in quanto singolo individuo o in quanto soggetto sociale o economico. Sono quei beni che se sfruttati e degradati causano ripercussioni negative su tutti i cittadini, presenti e futuri.
I beni comuni non sono possedibili, che questo sia per la loro natura fisica, come l’acqua, l’aria o gli ecosistemi, o perché rappresentano parti di un patrimonio pubblico comune, come le grandi opere architettoniche e artistiche. Vendere, sfruttare o inquinare questi beni genera un vantaggio per i pochi proprietari benefattori dell’attività, ma nega a tutti gli altri la possibilità di goderne, ora ed in futuro. Per questo motivo i beni comuni vanno salvaguardati e difesi facendoli divenire un realtà giuridica del codice civile italiano.
C’è tanto da perdere e c’è tanto da fare perché non succeda, ma tutto può partire da due semplici firme. “
Comitato Rodotà per la tutela dei Beni Comuni
Quello che è successo intorno al Maggio Musicale Fiorentino negli scorsi giorni riempie di sconforto se si pensa che possa rispecchiare le logiche con cui il nostro Sindaco intende operare per amministrare la città e le sue Istituzioni culturali.
Abbiamo assistito a una scampata manovra (per adesso solo rimandata) così clamorosamente sbagliata da provocare prima le dimissioni del Sovrintendente Cristiano Chiarot e a catena quelle del direttore d’orchestra principale Fabio Luisi. Quest’ultimo ha pubblicato una lettera indirizzata a Nardella e ai dipendenti del Teatro che non lascia dubbi sulla natura politica della vicenda.
In una delicata fase di passaggio come quella della fine del mandato del Sovrintendente, il sindaco Nardella, presidente del Consiglio di indirizzo della Fondazione, ha comunicato la sua intenzione di volersi dimettere dal proprio ruolo per lasciare la poltrona a Salvatore Nastasi provocando la catena di reazion che hanno riportato il Maggio alle cronache dei giornali in questi giorni.
Questa manovra è risultata totalmente inopportuna rispetto allo sforzo compiuto da Chiarot in questi due anni per risollevare le sorti della Fondazione. A partire dal 2017 Chiarot aveva iniziato un’opera di risanamento del Maggio riuscendo progressivamente a far ricapitalizzare la Fondazione con 5 milioni di contributi da parte di Comune e Regione e chiudendo positivamente il bilancio di quest’anno. Bilancio che sconta di un pesante debito, circa 57 milioni ereditato dalle precedenti gestioni, e che il Sovrintendente uscente aveva iniziato a ridurre. Era in corso anche un tentativo di stabilizzazione dei precari, altra operazione che resterà sospesa e che il Sovrintendente avrebbe voluto proseguire e portare a termine.
Nella tragica situazione in cui versano gli Enti Lirici Italiani, tutti a rischio di estinzione per mancanza di finanziamenti e quasi tutti in passivo (solo tre su 14 possono vantare un attivo di bilancio), invece di pensare a salvaguardare le sorti del Maggio, esempio di eccellenza e avanguardia dalla sua nascita, in grado di competere sul piano internazionale e di portare alto il nome della sua città, Nardella sembra voler privilegiare la necessità di dare spazio a chi ha contribuito alla sua affermazione politica. Salvatore Nastasi Ex capo di gabinetto del ministero dei Beni culturali per i ministri Sandro Bondi e Giancarlo Galan, è famoso per la sua carriera di dirigente nel settore teatrale a partire dal 2001, ma la sua fama è legata più agli insuccessi che ai successi. Al Maggio ha già ricoperto due ruoli: nel 2005 è stato commissario straordinario della Fondazione e nel 2006 consigliere d di amministrazione ma evidentemente non aveva lasciato un buon ricordo.
Come Verdi fiorentini ci indigniamo profondamente di fronte a questa scelta dell’amministrazione fiorentina. La dignità e il benessere delle istituzioni cittadine (siano esse culturali, sportive o di ogni altro genere) non può essere posposta a logiche di scambio politico.
foto di copertina: Stefano Cannas
L’idea di questa intervista ci è venuta mentre programmavamo i nostri prossimo viaggi di lavoro, in particolare un viaggio molto lungo, in Cile. Malgrado la scusa dei “viaggi di lavoro”, rimane il fatto che l’impatto di un volo è elevato, in particolare quello di un volo intercontinentale. Abbiamo chiesto a Francesco Capezzuoli di Italian Climate Network alcuni chiarimenti.
Paolo & Samuele: La prima domanda è: quanto inquino andando in aereo dall’Italia a Santiago del Cile?
Francesco Capezzuoli: Per calcolare le emissioni dei propri viaggi in aereo, esistono molti strumenti online direttamente fruibili dagli utenti che adottano metodologie di calcolo differenti. Personalmente utilizzo quello della ICAO (International Civil Aviation Organisation), un’agenzia ONU con sede a Montréal (Canada).
Ad esempio, se volassi da Roma per partecipare alla prossima COP25, che si terrà a Santiago del Cile il prossimo dicembre, emetterei 1.254,4 kg di CO2 (contando andata e ritorno). Una quantità emessa normalmente in due mesi da un cittadino italiano medio (considerate che se tutti emettessero tanta CO2 quanto un italiano medio avremmo bisogno di 3 pianeti per essere sostenibili!).
P&S: In rete si leggono statistiche riguardo al contributo dei viaggi aerei alle emissioni totali di CO2, sembra essere poca cosa, fra il 2 e il 3% del totale, perché è importante minimizzare l’uso dell’aereo?
FC: Sì, è vero. Ad esempio, le emissioni dirette dovute all’aviazione ammontano al 3% delle emissioni climalteranti europee. Tuttavia, le emissioni dovute all’aviazione civile cresceranno molto più rapidamente rispetto ad altre fonti. Al 2020, le emissioni globali relative all’aviazione aumenteranno del 70% rispetto ai livelli del 2005 e la stessa ICAO prevede che al 2040 triplicheranno almeno.
Altro punto: le emissioni rilasciate ad alta quota contribuiscono in maggior misura a quelle rilasciate “a terra”. Stando al meteorologo Luca Mercalli, questo impatto è misurabile al 5% del contributo al riscaldamento globale.
Infine c’è un dato secondo me molto significativo, circa l’85% della popolazione mondiale non ha mai viaggiato in aereo. Questo sembra essere un esempio perfetto di come il 15% più ricco della popolazione impatti sul mondo in maniera molto più che proporzionale rispetto alla sua numerosità.
P&S: Visto che in tanti andranno in vacanza nelle prossime settimane, puoi dirci qual è il modo meno impattante di spostarsi?
FC: Come abbiamo visto, i passeggeri e i voli dell’aviazione civile cresceranno ogni anno sempre più, occorre perciò fermarci un attimo e riflettere. È proprio indispensabile imbarcarsi su un aereo per godersi le vacanze? Esistono alternative molto meno inquinanti che permettono di raggiungere luoghi bellissimi, spesso vicino a noi ma completamente ignorati.
Questo grafico della EEA mostra l’impatto in termini di CO2 di un km percorso da un passeggero con vari mezzi di trasporto, e l’aereo risulta essere il mezzo di gran lunga più inquinante anche in termini climalteranti rispetto agli altri: il settore emette da 14 a 40 volte più CO2 rispetto ai treni, per chilometro percorso!
Purtroppo il mercato ci tenta continuamente con un’offerta di voli low cost continentali ed extracontinentali che permettono di visitare luoghi sì meravigliosi ma che in futuro non saranno più come li conosciamo (uno su tutti: la barriera corallina). È paradossale che esista già una “corsa” per visitare bellezze destinate a scomparire nei prossimi decenni, e che questa corsa sia parte del problema.
P&S: Spesso si legge della possibilità di compensare le emissioni degli spostamenti in aereo. Di cosa si tratta?
FC: Il meccanismo funziona così:
1 – calcolo le emissioni (in t o kg di CO2) dovute ai miei viaggi;
2 – acquisto di tasca mia qualcosa che permette di assorbire o di evitare l’emissione di una quantità di CO2 almeno pari a quella che ho emesso.
Che siano crediti di carbonio certificati o piantumazioni di nuovi alberi il risultato dovrà essere la compensazione delle emissioni.
P&S: Una delle critiche che viene fatta a chi vola pagando una compensazione per la CO2 emessa è che questo meccanismo sia un po’ come la compravendita delle indulgenze nel XVI secolo. I ricchi fanno scelte sbagliate e poi, pagando, si lavano la coscienza. In questo modo i comportamenti impattanti sono incentivati e non ridotti. Sei d’accordo?
FC: La compensazione non è di certo la soluzione, viviamo in un mondo finito e ad un certo punto lo spazio per compensare finirà. Senz’altro aiuta a guadagnare tempo ed a gestire le emissioni di viaggi difficili da evitare, come quelli di lavoro.
La compensazione viene usata da tantissimi operatori economici in tutto il mondo, anche multinazionali, e sono nate attività che fanno impresa con le attività di compensazione e dei crediti di carbonio (come le fiorentine Treedom e Carbon Sink).
P&S: Personalmente, sapendo come vengono usati molti dei soldi donati per progetti di sviluppo, rimane il dubbio che questa cifra non serva realmente a compensare le emissioni. Come posso essere sicuro dell’utilizzo dei soldi che verso?
FC: È un dubbio legittimo. Il consiglio è di rivolgersi a operatori che garantiscono autorevolezza e soprattutto tracciabilità delle azioni a cui il compensatore, ovvero il pagante, contribuisce. Ecco tre consigli:
P&S: Il sito www.co2.myclimate.org mi dice che se volo da Firenze a Parigi emetto 460 kg di CO2 e che posso compensare versando 10€. Questo numero mi stupisce, mi sembra molto basso, se davvero è così economico compensare le nostre emissioni di CO2 perché le emissioni continuano ad aumentare?
FC: Il motivo per cui il costo della compensazione è così basso è che ad oggi in pochi si pogono il problema di compensare. Questo fa si che esistano molti modi di farlo a basso costo. Piantare degli alberi in zone meno ricche del mondo, per esempio. Ma se tutti compensassimo per tutta la CO2 che emettiamo allora non sarebbe facile trovare un modo economico per compensare. I costi aumenterebbero molto.
Al contempo la popolazione e il PIL, in gran parte dei paesi in via di sviluppo in Africa e in Asia, sono destinati ad aumentare nei prossimi decenni con tutto ciò che questo comporta: più viaggi, più aerei per trasportare passeggeri e quindi più emissioni. Al tempo stesso bisogna riflettere sul fatto che il carburante degli aerei non rientra nell’Accordo di Parigi sul clima e, per giunta, grazie a un accordo del 1944 (Convenzione di Chicago) non è tassabile, e anzi il trasporto aereo beneficia di importanti incentivi che rendono l’uso di tale mezzo particolarmente conveniente. Un volo low cost costa mediamente 3 – 4 centesimi di euro al km, contro i 10 di un treno ad alta velocità e i 25 di un’automobile.
In uno studio condotto dal governo olandese, si afferma che una misura fiscale atta a tassare il kerosene degli aeromobili (ca 0,33 €/litro di carburante) ridurrebbe del 10-11% le emissioni di CO2 dell’aviazione senza impattare negativamente sul mercato del lavoro del settore.
P&S: Grazie e buone vacanze!
Quando cinque mesi fa abbiamo presentato il nostro punto di vista sul progetto di ampliamento dell’aeroporto di Firenze, abbiamo sottolineato come “molti punti progettuali appaiono ancora da chiarire, rendendo difficile valutare scientificamente gli impatti sul traffico locale, l’assetto idrogeologico, etc. Con 70 prescrizioni accolte a valle dell’approvazione della VIA, si rischiava di iniziare i lavori senza un progetto chiaro condannando la città ad un altro caso Foster.“
Con la sentenza 793/2019, resa nota lunedì 27 Maggio, il TAR della Toscana dimostra di pensarla sostanzialmente allo stesso modo:
“…il progetto sottoposto a VIA non conteneva quel grado di dettaglio minimo e sufficiente affinché il Ministero dell’Ambiente addivenisse ad una corretta valutazione di compatibilità ambientale, non essendosi individuate compiutamente le opere da realizzare“
Per questo stop dobbiamo ringraziare il sindaco di Sesto Fiorentino Lorenzo Falchi ed agli altri amministratori che hanno portato avanti questa battaglia legale. Rimane il fatto che ci sarebbe piaciuto che fosse stata la politica ad giungere alle stesse conclusioni e non un tribunale.
Un’ultima riflessione a 360° sull’area di Novoli. Dopo la bocciatura del termovalorizzatore, il probabile cambio di proprietà della Fiorentina, che presumibilmente rimetterà in discussione il progetto del nuovo stadio, e adesso la bocciatura del nuovo aeroporto, il progetto di sviluppo di questo quadrante della città così come immaginato dalla giunta Nardella è sostanzialmente azzerato.
Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, è una buona opportunità per Firenze, per ripensarlo completamente in base a criteri di sostenibilità ed inclusività. A cominciare dalle prescrizioni inevase dal 2003 a protezione dei residenti delle Piagge di Peretola e Quaracchi.
La prima cosa che oggi sentiamo di dover fare è ringraziare tutti quelli che ci hanno dato fiducia in questi mesi. Chi ci ha dato una mano a superare i piccoli e grandi ostacoli che abbiamo dovuto affrontare e chi ha voluto usare il suo voto per sostenerci (1,9% può sembrare poco, ma sono 3.400 persone che decidono di votare per te).
Anche se non abbiamo superato il 3%, che avrebbe permesso ad Andrés di entrare in consiglio comunale, ciascuno di questi voti per noi è prezioso. Sono la base su cui costruiremo la nostra attività sul territorio. Le elezioni regionali sono dietro l’angolo, ci aspetta una sfida complicata e avvincente.
In questa campagna sono state fatte tante promesse altisonanti, riguardo all’ambiente e non solo. Il nostro primo impegno per i prossimi anni sarà chiedere che queste promesse siano mantenute da chi oggi si assume l’onere di governare la città.
Vorremmo infine ringraziare Andrés, una persona speciale, che ha messo a disposizione la sua storia, il suo tempo, la sua energia e la sua professionalità per raccontare la nostra proposta per Firenze.
Un’onda verde di 20 mt sul ponte simbolo di Firenze per dare forza ad una richiesta concreta: voltare pagina, cambiare modello di sviluppo, dare risposte immediate ai cambiamenti climatici.
Firenze si unisca alle altre città che hanno dichiarato l’emergenza climatica. Un momento di discontinuità simbolica che deve rappresentare l’inizio di una nuova politica del nostro territorio e della nostra comunità.
La Fedrazione dei Verdi di Firenze vuole fare un grande in bocca al lupo alla lista Cittadini per Greve in Chianti che sostiene la candidatura a Sindaco di Simone Secchi.
Si tratta di una lista civica che raccoglie esperienze e speranze che vengono da percorsi diversi, dalla sinistra ma anche dal movimento 5S. In molti casi sono persone legate ad una stagione molto positiva per Greve, quella della consigliatura 2009-2014 guidata da Alberto Benicstà.
Questo gruppo di grevigiani ha dato vita ad un progetto di governo ambizioso e realistico insieme. Propone un modello di sviluppo sostenibile, equo ed inclusivo, che costruisca qualità sociale, ambientale e produttiva.
Siamo molto contenti che anche a Greve ci sia una possibilità di votare una proposta di discontinuità, ecologista e progressita. Qui potete trovare il programma della lista.
Alla prima riunione del consiglio comunale Firenze deve seguire l’esempio di Vancouver, Oakland, Londra e Basilea, Costanza e dichiarare lo stato di emergenza climatica.
Oggi 15 Maggio in Italia si celebra l’overshoot day, ovvero il giorno che segna l’esaurimento delle risorse rinnovabili che in nostro paese è in grado di rigenerare in un anno (in termini di cibo, fibre, legname, capacità di assorbimento del carbonio e terreni dove poter costruire infrastrutture). Chiaramente finite le risorse potenzialmente disponibili, da domani inizieremo a utilizzare risorse di altri territori (e popolazioni), oppure intaccheremo quelle degli anni successivi, pregiudicando la possibilità che queste si riformino in maniera sufficiente a garantire nel tempo le stesse condizioni di vita e benessere che l’ambiente ci ha concesso fino a oggi. E la cosa drammatica è che tale ricorrenza (che arriva prima della metà dell’anno!) ogni anno che passa arriva prima.
Se a queste considerazioni nazionali aggiungiamo che a livello mondiale ci restano 11 anni di tempo per modificare drasticamente i nostri impatti sul clima (ce lo dice il massimo organismo mondiale sul tema l’IPCC), che 1 milione di specie (⅛ delle specie viventi) è a rischio estinzione (ce lo dicono gli esperti ONU sulla biodiversità), e che la CO2 in atmosfera ha superato il record storico di 415 parti per milione, il quadro è ancora più allarmante.
Tutto ciò deve farci riflettere sugli impatti che i nostri stili di vita e il nostro modello di produzione e consumo hanno avuto ed hanno sugli ecosistemi, danneggiandoli e pregiudicando la possibilità che questi continuino ad esistere e a fornire beni e servizi essenziali. Talvolta siamo portati a guardare all’ambiente come un fattore limitante o una minaccia, ma l’ambiente è la casa di tutti che tutto permette, in primis la nostra esistenza su questa terra.
Essere radicalmente ecologisti in questo momento storico è un tema di responsabilità verso la vita, verso le future generazioni. E’ l’unica cosa sensata da farsi e non è un fatto di sensibilità bensì di logica.
I ragazzi da mesi hanno iniziato a far sentire la loro voce su questo nelle piazze di tutto il mondo, ma troppo poche e troppo lente sono le risposte che la politica a tutti i livelli è riuscita a dare per affrontare tematiche così urgenti ed importanti. E questa costituisce una delle motivazioni, forse la principale insieme all’inadeguatezza della vecchia giunta a governare la città, che come piccola comunità di donne e uomini ci ha spinto a partecipare attivamente alla vita politica di Firenze.
Crediamo fortemente che la città sia l’unità essenziale dalla quale iniziare a fornire risposte alle sfide del nostro tempo (cogliendo anche opportunità importanti), per questo il nostro programma – ambizioso ma realizzabile! – punta a far diventare Firenze una città capofila nella lotta al cambiamento climatico.
Ma a questo si aggiunge la necessità di dare un segnale forte a tutta la cittadinanza e alle istituzioni locali, che faccia diventare il clima e l’ambiente la pietra angolare di tutte le iniziative cittadine: seguendo l’esempio di numerose altre città (come Vancouver, Oakland, Londra e Basilea, Costanza), una volta insediati in Palazzo Vecchio come prima cosa proporremo di proclamare lo stato di emergenza climatica anche a Firenze e di utilizzare dei climate mainstreaming budgets, ovvero degli strumenti che mettano al centro della gestione delle risorse collettive la salvaguardia dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici.
Il prossimo 11 Marzo al cinema Odeon di Firenze verrà proiettato il film di Rudy Gnutti “In the same boat“, un film che parla di trasformazione del lavoro, di diseguaglianza e di sostenibilità. Abbiamo incontrato il regista e gli abbiamo fatto alcune domande sul suo film, che consigliamo a tutti di vedere.
Verdi Firenze: Nel tuo film ci sono due grandi temi: la sostituzione del lavoro dell’uomo con le prestazioni di computer e algoritmi, e la diseguaglianza. La paura delle macchine può ricordare il periodo in cui i luddisti sabotavano i telai meccanici duecento anni fa. Non pensi che la storia possa ripetersi e che l’innovazione tecnologica porterà in realtà benessere e maggiore equità? Cosa c’è di diverso questa volta?
Rudy Gnutti: Anche se non c’è un consenso unanime, molti ingegneri sostengono che oggi siamo capaci di sostituire quasi totalmente le attività umane produttive con la tecnologia. Ancora siamo agli inizi della quarta era tecnologica, ma se solamente applicassimo tutti i progressi tecnologici scoperti fino ad oggi alle varie attività produttive, faremmo un passo in avanti considerevole.
Credo che oggi, più che fare scommesse futuristiche, ci dovremmo porre una domanda più profonda, vogliamo o no, delegare quasi tutte le attività produttive alle macchine? Se la risposta è no, allora, dovremmo porre un freno alla quarta rivoluzione industriale. Se la risposta invece è un si, non ci rimane che adattare le regole economiche alla nuova realtà tecnologica. Zygmunt Bauman non era un esperto di questi temi, ma dopo averci riflettuto, ha coniato una delle frasi più importanti del film, “dobbiamo slegare il vincolo tra lavoro e sopravvivenza, perché il lavoro smetterà fra poco tempo di essere un meccanismo valido per distribuire la ricchezza”; io credo che in realtà abbia già smesso di esserlo.
Non credo che nessuno studioso sia convinto che realmente la storia si ripeta esattamente uguale a se stessa, al massimo si assomiglia.
VF: nel film fai parlare molte persone che sembrano riprese per caso, in strada, e che raccontano il loro rapporto con il lavoro. C’è qualcosa che hai imparato nelle ore di registrazione di queste conversazioni? qualcosa che non ti saresti aspettato e che magari ha influenzato la costruzione del documentario?
RG: Riconosco che quando ho girato le interviste alla gente comune, proveniente da diverse parti del mondo, non credevo realmente che potessero apportare un gran contributo al film, invece si è rivelato uno dei punti forti di questo lavoro. Noi, la gente comune, dobbiamo riflettere sul futuro che vogliamo e possiamo avere, tutte le imposizioni fatte a tavolino da soli esperti, finiscono normalmente in un dramma umano.
VF: Il documentario si conclude con un interrogativo di Bauman riguardo alla possibilità di governare i cambiamenti che ci stanno investendo “la questione non è come si debba fare, ma chi sia in grado di farlo”. Soprattutto in Europa ci troviamo a metà del guado, dieci anni fa avremmo sicuramente risposto che l’Europa e le organizzazioni sovrannazionali erano gli strumenti per dare risposte. Oggi ci sembra chiaro che molti, a questo interrogativo, risponderebbero che sono i singoli stati nazionali a dover riacquistare sovranità. Anche tu la pensi così?
RG: Molti esperti considerano che ci troviamo davanti ad un bivio, o proseguiremo e accellereremo il processo di globalizzazione, finendo di mettere in pratica accordi internazionali a 360 gradi. Accordi che abbraccino la politica fiscale, quella ambientale, l’emigrazione, le risorse energetiche ecc. Oppure faremo un passo indietro e ritorneremo alle vecchie politiche nazionali; credo che la seconda ipotesi possa rivelarsi molto pericolosa. Esistono però varie teorie che appoggiano una terza via di gestione politica: che ad accordi sempre più globali si accompagnino robuste politiche municipali, quindi più vicine al cittadino, riducendo il peso della gestione nazionale, che oggi sembra far acqua da tutte le parti.
VF: La nave che accompagna lo spettatore nella visione del film all’inizio rompe fieramente il ghiaccio e avanza nel mare gelato. Sembra simboleggiare la supremazia dell’uomo sulla natura. Ma alla fine del viaggio il ghiaccio si sfalda e comincia a crollare, svelando una nuova minaccia. I cambiamenti climatici. Eppure una parte dell’opinione pubblica, e noi ecologisti in particolare, vediamo nell’avvio di una transizione ecologica un’occasione di ritorno della centralità dell’uomo nel processo produttivo. Una volta tanto lavoro, innovazione tecnologica e equilibrio ecologico non sono in conflitto ma possono condurci verso un mondo migliore. Perché questa direzione di speranza e cambiamento non entra nel tuo film?
RN: Questo è il punto più complicato del film, spiegare in che maniera una distribuzione della ricchezza “tecnologica”, separata dal lavoro possa dare una possibilità a una “transizione ecologica”. Perché? perché se oggi iniziassimo una politica veramente rispettosa verso l’ambiente e togliessimo il piede dall’accelleratore produttivo, l’economia andrebbe in tilt, la disoccupazione crescerebbe drammaticamente. Il nostro sistema di ridistribuzione della ricchezza infatti riesce a funzionare solo nella misura in cui il sistema economico sperimenta una crescita continua e irresponsabile. A un certo punto del film Mauro Gallegati fa un esempio che mi sembra perfetto, quello di un criceto che corre nella ruota pensando di poter arrivare da qualche parte. La nostra ruota è il sistema di produzione che abbiamo creato. Quindi, credo, prima di togliere il piede da questo accelleratore, dobbiamo trasformare il meccanismo che regola il nostro sistema economico. Da un meccanismo basato solo sulla crescita dobbiamo approdare ad un sistema basato sulla redistribuzione. Questo soprattutto nella consapevolezza che, come sosteneva Keynes, saremo sempre più ricchi e sempre più capaci di produrre ricchezza utilizzando tecnologie sempre più rispettose dell’ambiente. Dobbiamo riformare il meccanismo economico che determina la maniera in cui produciamo e consumiamo.
Ho utilizzato la metafora del rompighiaccio per sottolineare che non controlliamo né la velocità né la direzione di questa nave che demolisce tutto quello che si trova davanti. Purtroppo, come diceva Mujica, tutte le volte che l’umanità si è trovata in un bivio come quello in cui ci troviamo oggi, la nave è andata contro un iceberg. Pensiamo ai 60 milioni di morti delle due guerra mondiali.
La speranza è che invece di credere alle teorie di una storia circolare che si ripete, riusciremo ad aprire la nostra mente e sforzarci di marcare una rotta ellittica, che anche se assomiglia ad un circolo, non commette gli stessi banali errori del passato.
I Verdi hanno scelto il loro candidato Sindaco: Andrés Lasso, fiorentino-panamense, biologo di formazione e volto nuovo della politica cittadina.
Nell’assemblea comunale dei Verdi, tenutasi ieri sera al SMS di Rifredi, Andrés ha sciolto le riserve e ricevuto il sentito sostegno di tutti i presenti, in quanto candidato ideale per guidare una proposta politica di trasformazione della città in senso progressista ed ecologista.
“Nei prossimi mesi, ci sentiremo chiedere spesso: dove credete di poter arrivare? A quale risultato realisticamente ambite?”, ha detto Andrés Lasso nel suo discorso di presentazione come candidato. “Sappiamo che possiamo essere una sorpresa, perché abbiamo un lavoro solido alle spalle; quanto sarà consistente tale sorpresa lo vedremo!”
La candidatura di Andrés offre al rinato partito dei Verdi di Firenze l’opportunità di presentarsi alle prossime elezioni amministrative di maggio per offrire un progetto nuovo, improntato all’autonomia di pensiero e al pragmatismo. Da oggi quindi inizia la seconda fase di un percorso di confronto con la città, con le associazioni e con gli altri partiti, per la costruzione di un programma comune.
“Al voto improntato sulla paura noi dobbiamo contrapporre un voto improntato sulla speranza. C’è bisogno oggi come il pane di questa speranza. Ne hanno bisogno i cittadini, ne ha bisogno chi si interessa al bene comune, ne abbiamo bisogno noi. È per questa speranza che ci siamo attivati, la speranza di poter portare in un panorama politico desolante qualcosa di migliore […] Noi crediamo che un’altra politica sia possibile: una politica che ai leaderismi contrappone delle comunità dialoganti e pensanti. Che all’arrivismo contrappone l’abnegazione si chi è disposto a rimetterci il proprio tempo e le proprie energie. Che alle frasi preconfezionate e ideologiche contrappone l’approfondimento serio, che al fare ciò che si reputa conveniente, contrappone il fare innanzitutto ciò che si reputa giusto, in cui si dedicano le energie a fare proposte, anziché a denigrare l’avversario.”
I Verdi continueranno a proporre ai cittadini il loro metodo e le loro idee di trasformazione per Firenze, seguendo il percorso tracciato sin dai mesi scorsi, che li porta ad essere dei “sognatori pragmatici”.
Una breve biografia di Andrés è disponibile qui: https://www.dueanniverdiafirenze.it/federazione/firenze-al-futuro-i-nostri-candidati/